domenica 19 gennaio 2014

Auto e moto d'epoca: la tecnica seconda parte


Come promesso, rieccomi per descrivervi a grandi linee, le differenze che si sono avute negli anni nella costruzione dei motori, i cambiamenti adottati negli impianti di alimentazione e sul sistema di scarico degli stessi.

Tralasceremo volutamente, per ora, le auto equipaggiate di propulsori diesel. Non essendo queste, oggetto di restauro in numero significativo, saranno eventualmente trattate in un secondo momento.

Per lo stesso motivo, i motori a due tempi che, tranne in rari casi, sono ad esclusivo appannaggio di piccoli motocicli.

Naturalmente, i propulsori sprovvisti di pistoni (wankel), che hanno avuto un ancor più limitato utilizzo nel mondo dell'automobile.



Come abbiamo visto nel precedente Post, Tecnica prima parte, i moderni motori, che trovano impiego sulle vetture odierne, sono stati anch'essi, nel corso degli anni, soggetti a profonde modifiche e miglioramenti strutturali.

Cominciando dai materiali impiegati, notiamo subito come il peso complessivo sia notevolmente diminuito. L'adozione di alluminio e sue leghe, di componenti stampati in resine sintetiche, il parziale abbandono della ghisa come materiale di base per la costruzione dei vari pezzi che compongono un gruppo propulsore, hanno reso possibile la diminuzione dell'aggravio in termine di kg, che un motore moderno porta al complessivo di una vettura.
Testata in ghisa

Un esempio lampante di questo cambiamento sono le testate; precedentemente fuse in ghisa, sono ormai tutte realizzate in lega di alluminio, dimezzandone di fatto il peso. In molte occasioni, le case costruttrici adottano lo stesso materiale per la costruzione dei basamenti; quando quest'ultimi vengono ancora creati in ghisa, il materiale stesso (diverso per struttura) e le tecniche produttive, permettono ancora una diminuzione significativa del peso.

Pulegge, pompe acqua, pompe olio, sono nella quasi totalità realizzate in lega di alluminio; coperchi, collettori di aspirazione ecc. sono spesso stampati in resina sintetica.

La bulloneria in generale, adottando acciai con caratteristiche migliorate, ha ridotto la propria sezione, mantenendo, e spesso aumentando le specifiche di resistenza.

Le dimensioni globali si sono allo stesso tempo ridotte, un motore di identica cilindrata, nel tempo, ha diminuito l'ingombro generale in modo considerevole.

Nel complesso, i nuovi materiali, con l'aggiunta in alcuni casi di trattamenti termici specifici irrealizzabili fino a pochi anni fa, la progettazione e le tecniche costruttive, hanno permesso ai produttori di realizzare motori con pesi e ingombri relativamente contenuti, migliorandone per contrasto potenza e resistenza.






Tante sono ancora le differenze costruttive, prendiamo come esempio e, per comodità, un quattro cilindri di qualsiasi cilindrata, se fino ad alcuni anni addietro prevedere cinque supporti di banco (sono i supporti dove viene alloggiato l'albero motore) era quasi un'esclusiva dei motori spinti o di un certo prestigio, ora è praticamente la norma. Aumentarne il numero, rende il complesso costruttivo molto più rigido robusto e stabile, si diminuiscono considerevolmente le vibrazioni, si può adottare un albero motore con sezioni inferiori senza pregiudicarne la tenuta, si stressa meno la composizione cristallina dello stesso diminuendo il rischio di deformazioni



La famosa “distribuzione” (penso, spero sappiate tutti cos'è), è passata dalla trasmissione del moto rotatorio tra albero motore e albero/i a camme, tramite catena in acciaio, a cinghia dentata in gomma. Anche se le eccezioni non mancano, vengono infatti ancora costruiti ottimi propulsori che adottano la vecchia e gloriosa catena di distribuzione, la maggioranza delle trasmissioni è affidata a cinghie dentate di indubbia qualità e tenuta. Silenziose, robuste e affidabili, offrono a costi e ad attriti minori, il collegamento ottimale per un compito molto importante e delicato.



Per il sistema di immissione e scarico nei motori a quattro tempi, e d'obbligo un approfondimento maggiore.


Le valvole ed i condotti, nei primi propulsori realizzati, erano posizionati all'interno del basamento, contestualmente all'albero a camme ed alle relative aste di trasmissione. Un esempio tra le vetture ad adottare questo sistema? La Willys Jeep, gloriosa fuoristrada americana protagonista, durante e dopo, tutta la seconda guerra mondiale. All'avanguardia nel suo periodo per tecnica e scelte costruttive, è stata una delle ultime autovetture ad applicare il sistema di alimentazione e scarico con valvole laterali nel basamento.

Fondamentalmente semplice, questo complesso costruttivo presentava grossi svantaggi; il notevole consumo di carburante, abbinato ad uno rendimento bassissimo in termini di sfruttamento della miscela detonante, ne segnarono il relativo e completo abbandono nel primo dopoguerra.

Già da tempo, erano state introdotte testate con condotti e valvole integrate (valvole in testa). Tranne che in pochissime eccezioni, sempre riguardanti motori sportivi, l'albero a camme continua a trovare il proprio posizionamento all'interno del basamento, collegato, come abbiamo visto prima, da una catena di distribuzione all'albero motore. Si prende il compito di movimentare le valvole, una serie di componenti concatenati tra essi (gruppo aste e punterie).

Un bicchierino che striscia sulla relativa camma, un asta più o meno lunga in relazione alle misure del nostro motore, un bilanciere, martelletto o punteria che agisce direttamente sulla valvola, ne permettono il movimento in apertura, e il rilascio successivo in chiusura per mezzo della molla di ritorno.

Un classico esempio? Ancora la nostra Fiat 500, ma ancora la Porsche 356, tutti i motori Triumph, MG, Austin Healley ecc.

Ormai abbandonata da tempo, questa soluzione, ha segnato un'importante svolta nell'incremento dei rendimenti e delle potenze relative nei moderni (dopoguerra) motori a quattro tempi. In concomitanza, lo studio e la realizzazione dei condotti di immissione e scarico più performanti, con flussi in entrata e uscita migliorati, si è giunti ad un notevole contenimento dei consumi, e ad un maggior sfruttamento endotermico della miscela aria benzina immessa per il funzionamento dei propulsori.

Un ulteriore sviluppo, che per diversi anni si è sovrapposto al modello precedente, è stato quello di spostare l'albero/i a camme, dal basamento, all'interno della testata; posizionandolo direttamente sopra e a contatto con le valvole (albero/i a camme in testa). Scompare la catena aste e bilancieri, la manovra delle valvole è attuata direttamente dalla camme stessa; gli attriti, le masse in movimento, ed il consumo di potenza per il funzionamento, si riducono significativamente.
 


Contestualmente, per azionare e sincronizzare (fase) l'albero/i a camme, in sostituzione alla catena di distribuzione, viene introdotta la cinghia dentata.



La candela, che provvede all'accensione della miscela, si sposta. Da laterale che era nella testata, viene posizionata direttamente al centro, o molto vicina ad esso, della camera di scoppio. Con una propagazione migliore del fronte di fiamma, si riesce ad ottimizzare di molto la combustione. Ancora una volta miglior utilizzo del combustibile, con relativo aumento di potenza e diminuzione del consumo.

Come per i precedenti, anche gli strumenti per produrre la scintilla che provvede ad innescare tutto il processo di combustione, ha subito notevoli trasformazioni.

Dal magnete degli albori, che con un unico componente provvedeva a creare la corrente necessaria, ad innalzarne la tensione, e a mandarla alle candele per provocarne la scintilla; si è passati nella fase successiva alla realizzazione del sistema a spinterogeno, composto da più elementi correlati fra loro.

Con l'introduzione del distributore di corrente (spinterogeno), nel quale si posizionano, il ruttore (puntine), il sistema meccanico di anticipo, la spazzola rotante e relativa calotta, abbinati alla bobina di alta tensione esterna (in pratica un trasformatore); si provvede a migliorare la qualità e la quantità della corrente, e della tensione, necessarie a formare un arco voltaico (scintilla) molto più efficace.

Nello stesso tempo, si riesce a regolare automaticamente l'anticipo (quanto la scintilla scocca prima del punto morto superiore), in base al numero di giri del motore, e alla depressione più o meno accentuata presente nel collettore di aspirazione.


Questi elementi sono stati mantenuti in produzione per lungo tempo; la prima introduzione di elettronica negli impianti di accensione, si è riscontrata con l'adozione dei sensori elettromagnetici in sostituzione delle puntine, e dalle accensioni capacitive; in pratica, una nuova bobina con potenza maggiore, pilotata da un amplificatore di segnale (quello prodotto dal sensore elettromagnetico) composto da semiconduttori.





Altro cambiamento sostanziale avvenuto nel tempo, ma con sviluppi molto repentini negli ultimi anni, riguarda il sistema di alimentazione.

Fino a circa trent'anni fa, la parte del protagonista in questi impianti è stata assolta egregiamente dal carburatore. Croce e delizia delle nostre auto e moto d'epoca, viene attualmente soppiantato dalle moderne iniezioni a regolazione elettronica.

Ma questa è un'altra storia...



Scherzi a parte, essendo questo un argomento molto ampio e importante; quasi fosse una monografia, ritengo opportuno trattarlo in un Post autonomo. Naturalmente il prossimo.





Se gli argomenti sono di vostro gradimento... continuate a seguirmi.



Ciao

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