sabato 1 febbraio 2014

Restaura auto e moto d'epoca: la tecnica quarta parte, i carburatori


I carburatori.



Come spiegato nel precedente post, un motore per funzionare ha bisogno di una miscela composta di aria (ossigeno comburente contenuto nella stessa) e benzina (combustibile), dove le due componenti siano intimamente legate e, il combustibile omogeneamente distribuito nell'aria.

Per rendere possibile tutto ciò, abbiamo quindi bisogno di uno specifico componente.


Tralasciando i primi sistemi a vasca di evaporazione e a gorgogliamento, dove nel primo caso l'aria aspirata veniva fatta passare sopra una vaschetta piena di benzina dalla quale ne prelevava i vapori, e nel secondo, dove l'aria gorgogliava nel recipiente del combustibile; il primo vero approccio ad una efficiente carburazione è stato il carburatore, anche se in modalità elementare.

Carburatore BING BMW R80G/S
Costituito essenzialmente da una vaschetta a livello costante (livello regolato e mantenuto tramite un galleggiante e un spillo di chiusura) e a pressione atmosferica, da un tubicino con getto calibrato per la regolazione della quantità di benzina, da un diffusore o tubo di Venturi (essenzialmente una doppia strozzatura conica) con il compito di aumentare la velocità di entrata dell'aria e la depressione nel punto dove posizionato il getto o spruzzatore, da una valvola (generalmente a farfalla) che aumenta o diminuisce la portata di miscela in entrata al motore, posizionata “a valle” (dopo, rispetto al flusso in entrata) del diffusore e del getto.

Anche il funzionamento è piuttosto semplice, l'aria aspirata dal moto discensionale dei pistoni del motore, opportunamente regolata in quantità dalla valvola a farfalla, passando attraverso il diffusore aumenta la propria velocità, creando al contempo nel punto focale del restringimento, una depressione maggiore o minore in base alla quantità stessa di aria in entrata. Essendo il getto calibrato (praticamente un piccolo forellino) posizionato proprio nel restringimento del diffusore, la depressione che viene a crearsi in questo punto, permette alla benzina presente nella vaschetta a pressione atmosferica di essere aspirata dall'aria in transito. Altro processo che si attua nel momento in cui il carburante esce dal getto o spruzzatore, è di convertire la benzina in goccioline microscopiche, permettendone una migliore trasformazione in gas da evaporazione. Questa conversione, la più importante per una perfetta omogeneizzazione della miscela, permette al carburante di legarsi meglio con l'ossigeno contenuto nell'aria, perché come già detto nel precedente post, sono le molecole quindi i gas di benzina che si associano al comburente per produrre la miscela di cui abbiamo bisogno.


La miglior evaporazione del combustibile, insieme alla migliore dosatura dello stesso in base alla quantità d'aria immessa, determina la migliore carburazione della miscela esplosiva per il nostro motore.

Direte... è fatta, abbiamo il componente giusto e idoneo; sbagliato come al solito!

Il carburatore elementare appena descritto, sebbene possa far funzionare un motore, è limitato e presenta molte lacune.

Essenzialmente, sarebbe idoneo per la corretta alimentazione di un propulsore solo ad un determinato numero di giri, presentando un ingrassamento della miscela (troppo combustibile rispetto all'aria) aumentandone il regime, ed un analogo smagrimento (troppa aria rispetto alla dose di benzina) con un basso numero di giri di rotazione.

Oltre a questo, e solo per descrivere le principali lacune, sarebbe impossibile un corretto regime al minimo, una ripresa fluida, una accensione del motore ponta e regolare.



Per spiegarne i motivi, dobbiamo da subito aver presente che la benzina e l'aria hanno due masse per densità e per composizione specifica ben diverse tra loro, sono quindi soggette alle forze fisiche in modo diverso. Più pesante e densa, la benzina risente maggiormente delle inerzie al proprio movimento; se calda, evapora in modo maggiore di quando si trova ad una temperatura fredda. Questo, influisce notevolmente sulla regolazione della carburazione, costringendo i fabbricanti ad adottare determinate strategie.

Torniamo al nostro carburatore elementare; come abbiamo visto, l'aria che passa attraverso il diffusore crea una depressione nel punto dove è posizionato il getto, questo opportunamente calibrato permette il passaggio di una determinata quantità di benzina che aumenta esponenzialmente con la velocità dell'aria. Avendo due masse diverse, per inerzia, la dose di benzina crescerebbe troppo rispetto all'aria aumentando la velocità di entrata di quest'ultima in relazione all'incremento del numero di giri del motore; per antitesi, a basso regime, quando cioè l'aria aspirata risulterebbe sostanzialmente minore e quindi più lenta, avrebbe meno forza per “estrarre” il carburante creando di conseguenza una miscela più magra. Rifacendoci a quest'ultima situazione, pensate quanto poca forza avrebbe l'aria per prelevare benzina dal getto al momento della messa in moto, quando cioè la massa di aria in movimento è minima e lenta; premesso che il motore parta, se dovessimo regolare la portata del getto per una corretta carburazione del regime al minimo (8/900 giri), successivamente ci ritroveremmo una miscela estremamente grassa (troppa benzina rispetto all'aria) durante il funzionamento del propulsore a 2/3000 giri, quando in pratica stiamo utilizzando la vettura.

Da considerare anche un'altra situazione molto ricorrente e di difficile gestione; durante un'accelerazione per incrementare il regime di giri, e solo in questo momento, ci ritroviamo per un determinato periodo con una carburazione estremamente magra (tanta aria e poca benzina). Nel momento stesso che comandiamo l'apertura della valvola a farfalla per far affluire una maggiore quantità di miscela, si viene a creare un istantaneo (o quasi) aumento della massa d'aria in entrata; all'opposto, il carburante ha necessità di più tempo per riportarsi ad un corretto flusso onde compensare il diverso volume di comburente. Questo, è dovuto ancora una volta alla massa differente della benzina (più densa), che impiega un periodo maggiore per vincere la resistenza a muoversi rispetto all'aria “teoricamente” a massa zero.



Per risolvere questi inconvenienti, le case costruttrici di carburatori hanno adottato diversi sistemi/stratagemmi di compensazione. Naturalmente, per capirne i principi fondamentali, tratteremo solo i principali, onde evitare confusione e una sovra informazione a noi inutile.

Partendo dalla messa in moto del motore, come visto in precedenza, siamo in una situazione di scarso volume e scarsa velocità di aria in entrata, quindi con pochissimo potere estrattivo della benzina. Per ovviare a questo, si sono adottati meccanismi che frenano parzialmente l'entrata dell'aria “prima” (a monte) del diffusore e del getto; questo comporta un aumento della depressione all'interno del carburatore, permettendo quindi un conseguente aumento di estrazione della benzina dal getto collegato alla vaschetta a pressione atmosferica. Il risultato è duplice, si riesce a prelevare benzina (prima quasi impossibile vista la bassa velocità dell'aria, e alla totale o quasi mancanza di depressione), e ad ottenere una miscela abbastanza grassa da sopperire alla scarsa o limitata evaporazione presente durante un avviamento a motore freddo.

Altro sistema molto comune, specie nei carburatori dei motocicli, era il “cicchetto”; in pratica, si provvedeva manualmente ad aumentare il livello di carburante all'interno della vaschetta del carburatore, permettendo alla benzina di tracimare dal getto senza essere aspirata.

A risolvere lo smagrimento durante la ripresa, nella maggior parte dei casi, sono state implementate nei carburatori delle piccole pompe meccaniche (dette appunto “di ripresa”); queste, provvedevano a spruzzare carburante solo al momento della richiesta di aumento di giri, compensando istantaneamente la brusca variazione di carburazione (magra) durante questa fase.

Per risolvere le differenti situazioni di dosaggio durante tutto l'arco del funzionamento del motore, sono stati escogitati diversi sistemi, tratteremo ancora i più comuni.

Carburatori provvisti di aria supplementare; sono provvisti di un secondo condotto di aria antagonista comandato da una valvola a depressione. Durante l'aumento del regime giri e quindi dell'aspirazione all'interno del carburatore, una valvola opportunamente predisposta e calibrata, permette il passaggio regolato, di una certa quantità di aria che “non estrae” benzina dal getto, andando a compensare l'inevitabile
ingrassamento che sarebbe intervenuto.

Carburatori a getti compensatori; sono provvisti di uno o più getti supplementari. Il getto principale, tarato solo per una corretta carburazione al massimo numero di giri, viene affiancato da uno o più getti che intervengono solo ed esclusivamente a regimi inferiori. Hanno bisogno della realizzazione di pozzetti supplementari a pressione atmosferica, e getti opportunamente calibrati per i regimi interessati.

Carburatori ad emulsionatori con aria antagonista o freno d'aria; sono provvisti di getti emulsionatori. Il getto principale, in questo caso, è tarato per una carburazione corretta a un basso numero di giri; con l'aumentare della portata d'aria, è questa stessa che rallenta in modo maggiore o minore la fuoriuscita della benzina proprio grazie agli emulsionatori a “freno d'aria” implementati. Naturalmente, maggiore è l'afflusso di comburente, maggiore risulta il rallentamento.

Carburatori con getto regime minimo; provvisti di getto e condotto predisposti per il minimo regime di funzionamento. Un opportuno spruzzatore calibrato, e un relativo condotto posizionato a valle della valvola a farfalla (agisce quindi anche quando questa è completamente chiusa), permette di alimentare il motore quando la richiesta di potenza è nulla, quindi tenendolo solo acceso e pronto al successivi utilizzo.



Come al solito, le descrizioni sono solo indicative e parziali, per trattare tutti i tipi di carburatori e tutti i dispositivi implementati negli anni, ci vorrebbe un intero trattato solo per questo argomento; quindi, chi desidera approfondire, suggerisco come al solito, di procurarsi un buon libro sull'argomento. E' molto interessante e curioso!



Voglio proporre una sezione a parte per descrivere un altro tipo di carburatore, oggetto poi del nostro restauro della Triumph TR2.


Da noi poco comuni, i carburatori SU sono montati abitualmente sulle vetture di produzione anglosassone; considerati complicati e poco performanti, sono invece, una volta compreso il funzionamento, molto semplici e con caratteristiche piuttosto interessanti.

Nei modelli più comuni, sono anche relativamente pochi i componenti che compongono questo parte; un corpo, una valvola a farfalla, un pistone scorrevole con la funzione di diffusore variabile, una campana dove scorre il pistone, uno spillo, un tubicino calibrato (getto) con un sistema a vite di regolazione.

Direte: un solo getto, nessuna pompa di ripresa, nessun freno d'aria, ecc.? Allora con tutti i problemi del carburatore elementare!

Come al solito, no! Il pistone flottante, con integrato lo spillo “conico”, si occupa di regolare la depressione (diffusore variabile), e la carburazione durante tutte le variazioni di regime.

Molto sinteticamente; con il variare del flusso d'aria in ingresso comandata dalla valvola a farfalla, il pistone si sposta in verticale in base alla quantità di questa, aumentando o diminuendo il foro di ingresso. Attenzione, non regola l'aria, ma ne viene comandato! Nella parte inferiore, è alloggiato lo spillo conico che si inserisce direttamente nel getto calibrato fisso. Risultato: a un numero di giri basso, quindi con poca aria in ingresso, pistone nella posizione di riposo e chiusura (o quasi), spillo conico che chiude quasi completamente il getto fisso (poca aria, poca benzina).
Aumentando la portata dovuta all'apertura della valvola a farfalla comandata dall'acceleratore, l'aumento dell'aria in ingresso permette il sollevamento del pistone e di conseguenza dello spillo che, essendo conico, apre il foro del getto e il passaggio a una quantità di benzina maggiore (tanta aria, tanta benzina). Oltre a questo, lo spillo alzandosi, estrae “meccanicamente” una piccola quantità di benzina (è bagnato), l'evaporazione di questa, contribuisce ad ingrassare provvisoriamente la miscela immessa funzionando come una pompa di ripresa (molti non lo sanno). Al termine della richiesta di potenza, alzando il piede dal pedale dell'acceleratore, il processo si inverte riportando le posizioni dei componenti al punto di partenza.

Altra considerazione, questo carburatore si adatta parzialmente alle variazioni di pressione atmosferica. Infatti, con una pressione atmosferica inferiore, l'aria stessa (meno densa), ha meno forza per alzare il pistone, immettendo quindi una quantità di benzina inferiore si riesce a compensare parzialmente la scarsità di ossigeno, ottenendo una miglior miscela per queste condizioni.

Come potete vedere, il sistema è piuttosto semplice ed efficiente; i problemi cominciano quando il carburatore è mal regolato, da revisionare, o nei casi (molti) di batterie a più carburatori, quando questi non siano ben bilanciati tra loro o mal sincronizzati. Questo però non è un difetto del componente, ma di chi provvede al montaggio del pezzo ed alla sua regolazione.

Tratteremo la registrazione dei carburatori SU durante la fase di restauro che inizia dal prossimo post. Si, finalmente la Triumph TR2 è arrivata in officina, adesso cominciano i giochi e la pratica vera e propria...



Ciao a tutti.

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