I
carburatori.
Come
spiegato nel precedente post, un motore per funzionare ha bisogno di
una miscela composta di aria (ossigeno comburente contenuto nella
stessa) e benzina (combustibile), dove le due componenti siano
intimamente legate e, il combustibile omogeneamente distribuito
nell'aria.
Per
rendere possibile tutto ciò, abbiamo quindi bisogno di uno specifico
componente.
Tralasciando i primi sistemi a vasca di evaporazione e a gorgogliamento, dove nel primo caso l'aria aspirata veniva fatta passare sopra una vaschetta piena di benzina dalla quale ne prelevava i vapori, e nel secondo, dove l'aria gorgogliava nel recipiente del combustibile; il primo vero approccio ad una efficiente carburazione è stato il carburatore, anche se in modalità elementare.
![]() |
Carburatore BING BMW R80G/S |
Costituito
essenzialmente da una vaschetta a livello costante (livello regolato
e mantenuto tramite un galleggiante e un spillo di chiusura) e a
pressione atmosferica, da un tubicino con getto calibrato per la
regolazione della quantità di benzina, da un diffusore o tubo di
Venturi (essenzialmente una doppia strozzatura conica) con il compito
di aumentare la velocità di entrata dell'aria e la depressione nel
punto dove posizionato il getto o spruzzatore, da una valvola
(generalmente a farfalla) che aumenta o diminuisce la portata di
miscela in entrata al motore, posizionata “a valle” (dopo,
rispetto al flusso in entrata) del diffusore e del getto.
Anche
il funzionamento è piuttosto semplice, l'aria aspirata dal moto
discensionale dei pistoni del motore, opportunamente regolata in
quantità dalla valvola a farfalla, passando attraverso il diffusore
aumenta la propria velocità, creando al contempo nel punto focale
del restringimento, una depressione maggiore o minore in base alla
quantità stessa di aria in entrata. Essendo il getto calibrato
(praticamente un piccolo forellino) posizionato proprio nel
restringimento del diffusore, la depressione che viene a crearsi in
questo punto, permette alla benzina presente nella vaschetta a
pressione atmosferica di essere aspirata dall'aria in transito. Altro
processo che si attua nel momento in cui il carburante esce dal getto
o spruzzatore, è di convertire la benzina in goccioline
microscopiche, permettendone una migliore trasformazione in gas da
evaporazione. Questa conversione, la più importante per una perfetta
omogeneizzazione della miscela, permette al carburante di legarsi
meglio con l'ossigeno contenuto nell'aria, perché come già detto
nel precedente post, sono le molecole quindi i gas di benzina che si
associano al comburente per produrre la miscela di cui abbiamo
bisogno.
La
miglior evaporazione del combustibile, insieme alla migliore dosatura
dello stesso in base alla quantità d'aria immessa, determina la
migliore carburazione della miscela esplosiva per il nostro motore.
Direte...
è fatta, abbiamo il componente giusto e idoneo; sbagliato come al
solito!
Il
carburatore elementare appena descritto, sebbene possa far funzionare
un motore, è limitato e presenta molte lacune.
Essenzialmente,
sarebbe idoneo per la corretta alimentazione di un propulsore solo ad
un determinato numero di giri, presentando un ingrassamento della
miscela (troppo combustibile rispetto all'aria) aumentandone il
regime, ed un analogo smagrimento (troppa aria rispetto alla dose di
benzina) con un basso numero di giri di rotazione.
Oltre
a questo, e solo per descrivere le principali lacune, sarebbe
impossibile un corretto regime al minimo, una ripresa fluida, una
accensione del motore ponta e regolare.
Torniamo
al nostro carburatore elementare; come abbiamo visto, l'aria che
passa attraverso il diffusore crea una depressione nel punto dove è
posizionato il getto, questo opportunamente calibrato permette il
passaggio di una determinata quantità di benzina che aumenta
esponenzialmente con la velocità dell'aria. Avendo due masse
diverse, per inerzia, la dose di benzina crescerebbe troppo rispetto
all'aria aumentando la velocità di entrata di quest'ultima in
relazione all'incremento del numero di giri del motore; per antitesi,
a basso regime, quando cioè l'aria aspirata risulterebbe
sostanzialmente minore e quindi più lenta, avrebbe meno forza per
“estrarre” il carburante creando di conseguenza una miscela più
magra. Rifacendoci a quest'ultima situazione, pensate quanto poca
forza avrebbe l'aria per prelevare benzina dal getto al momento della
messa in moto, quando cioè la massa di aria in movimento è minima e
lenta; premesso che il motore parta, se dovessimo regolare la portata
del getto per una corretta carburazione del regime al minimo (8/900
giri), successivamente ci ritroveremmo una miscela estremamente
grassa (troppa benzina rispetto all'aria) durante il funzionamento
del propulsore a 2/3000 giri, quando in pratica stiamo utilizzando la
vettura.
Carburatori
provvisti di aria supplementare; sono provvisti di un secondo
condotto di aria antagonista comandato da una valvola a depressione.
Durante l'aumento del regime giri e quindi dell'aspirazione
all'interno del carburatore, una valvola opportunamente predisposta e
calibrata, permette il passaggio regolato, di una certa quantità di
aria che “non estrae” benzina dal getto, andando a compensare
l'inevitabile
Direte:
un solo getto, nessuna pompa di ripresa, nessun freno d'aria, ecc.?
Allora con tutti i problemi del carburatore elementare!
Per
spiegarne i motivi, dobbiamo da subito aver presente che la benzina e
l'aria hanno due masse per densità e per composizione specifica ben
diverse tra loro, sono quindi soggette alle forze fisiche in modo
diverso. Più pesante e densa, la benzina risente maggiormente delle
inerzie al proprio movimento; se calda, evapora in modo maggiore di
quando si trova ad una temperatura fredda. Questo, influisce
notevolmente sulla regolazione della carburazione, costringendo i
fabbricanti ad adottare determinate strategie.

Da
considerare anche un'altra situazione molto ricorrente e di difficile
gestione; durante un'accelerazione per incrementare il regime di
giri, e solo in questo momento, ci ritroviamo per un determinato
periodo con una carburazione estremamente magra (tanta aria e poca
benzina). Nel momento stesso che comandiamo l'apertura della valvola
a farfalla per far affluire una maggiore quantità di miscela, si
viene a creare un istantaneo (o quasi) aumento della massa d'aria in
entrata; all'opposto, il carburante ha necessità di più tempo per
riportarsi ad un corretto flusso onde compensare il diverso volume di
comburente. Questo, è dovuto ancora una volta alla massa differente
della benzina (più densa), che impiega un periodo maggiore per
vincere la resistenza a muoversi rispetto all'aria “teoricamente”
a massa zero.
Per
risolvere questi inconvenienti, le case costruttrici di carburatori
hanno adottato diversi sistemi/stratagemmi di compensazione.
Naturalmente, per capirne i principi fondamentali, tratteremo solo i
principali, onde evitare confusione e una sovra informazione a noi
inutile.
Partendo
dalla messa in moto del motore, come visto in precedenza, siamo in
una situazione di scarso volume e scarsa velocità di aria in
entrata, quindi con pochissimo potere estrattivo della benzina. Per
ovviare a questo, si sono adottati meccanismi che frenano
parzialmente l'entrata dell'aria “prima” (a monte) del diffusore
e del getto; questo comporta un aumento della depressione all'interno
del carburatore, permettendo quindi un conseguente aumento di
estrazione della benzina dal getto collegato alla vaschetta a
pressione atmosferica. Il risultato è duplice, si riesce a prelevare
benzina (prima quasi impossibile vista la bassa velocità dell'aria,
e alla totale o quasi mancanza di depressione), e ad ottenere una
miscela abbastanza grassa da sopperire alla scarsa o limitata
evaporazione presente durante un avviamento a motore freddo.
Altro
sistema molto comune, specie nei carburatori dei motocicli, era il
“cicchetto”; in pratica, si provvedeva manualmente ad aumentare
il livello di carburante all'interno della vaschetta del carburatore,
permettendo alla benzina di tracimare dal getto senza essere
aspirata.
A
risolvere lo smagrimento durante la ripresa, nella maggior parte dei
casi, sono state implementate nei carburatori delle piccole pompe
meccaniche (dette appunto “di ripresa”); queste, provvedevano a
spruzzare carburante solo al momento della richiesta di aumento di
giri, compensando istantaneamente la brusca variazione di
carburazione (magra) durante questa fase.
Per
risolvere le differenti situazioni di dosaggio durante tutto l'arco
del funzionamento del motore, sono stati escogitati diversi sistemi,
tratteremo ancora i più comuni.

Carburatori
a getti compensatori; sono provvisti di uno o più getti
supplementari. Il getto principale, tarato solo per una corretta
carburazione al massimo numero di giri, viene affiancato da uno o più
getti che intervengono solo ed esclusivamente a regimi inferiori.
Hanno bisogno della realizzazione di pozzetti supplementari a
pressione atmosferica, e getti opportunamente calibrati per i regimi
interessati.
Carburatori
ad emulsionatori con aria antagonista o freno d'aria; sono provvisti
di getti emulsionatori. Il getto principale, in questo caso, è
tarato per una carburazione corretta a un basso numero di giri; con
l'aumentare della portata d'aria, è questa stessa che rallenta in
modo maggiore o minore la fuoriuscita della benzina proprio grazie
agli emulsionatori a “freno d'aria” implementati. Naturalmente,
maggiore è l'afflusso di comburente, maggiore risulta il
rallentamento.
Carburatori
con getto regime minimo; provvisti di getto e condotto predisposti
per il minimo regime di funzionamento. Un opportuno spruzzatore
calibrato, e un relativo condotto posizionato a valle della valvola a
farfalla (agisce quindi anche quando questa è completamente chiusa),
permette di alimentare il motore quando la richiesta di potenza è
nulla, quindi tenendolo solo acceso e pronto al successivi utilizzo.
Come
al solito, le descrizioni sono solo indicative e parziali, per
trattare tutti i tipi di carburatori e tutti i dispositivi
implementati negli anni, ci vorrebbe un intero trattato solo per
questo argomento; quindi, chi desidera approfondire, suggerisco come
al solito, di procurarsi un buon libro sull'argomento. E' molto
interessante e curioso!
Voglio
proporre una sezione a parte per descrivere un altro tipo di
carburatore, oggetto poi del nostro restauro della Triumph TR2.
Da
noi poco comuni, i carburatori SU sono montati abitualmente sulle
vetture di produzione anglosassone; considerati complicati e poco
performanti, sono invece, una volta compreso il funzionamento, molto
semplici e con caratteristiche piuttosto interessanti.
Nei
modelli più comuni, sono anche relativamente pochi i componenti che
compongono questo parte; un corpo, una valvola a farfalla, un pistone
scorrevole con la funzione di diffusore variabile, una campana dove
scorre il pistone, uno spillo, un tubicino calibrato (getto) con un
sistema a vite di regolazione.

Come
al solito, no! Il pistone flottante, con integrato lo spillo
“conico”, si occupa di regolare la depressione (diffusore
variabile), e la carburazione durante tutte le variazioni di regime.
Molto
sinteticamente; con il variare del flusso d'aria in ingresso
comandata dalla valvola a farfalla, il pistone si sposta in verticale
in base alla quantità di questa, aumentando o diminuendo il foro di
ingresso. Attenzione, non regola l'aria, ma ne viene comandato! Nella
parte inferiore, è alloggiato lo spillo conico che si inserisce
direttamente nel getto calibrato fisso. Risultato: a un numero di
giri basso, quindi con poca aria in ingresso, pistone nella posizione
di riposo e chiusura (o quasi), spillo conico che chiude quasi
completamente il getto fisso (poca aria, poca benzina).
Aumentando la
portata dovuta all'apertura della valvola a farfalla comandata
dall'acceleratore, l'aumento dell'aria in ingresso permette il
sollevamento del pistone e di conseguenza dello spillo che, essendo
conico, apre il foro del getto e il passaggio a una quantità di
benzina maggiore (tanta aria, tanta benzina). Oltre a questo, lo
spillo alzandosi, estrae “meccanicamente” una piccola quantità
di benzina (è bagnato), l'evaporazione di questa, contribuisce ad
ingrassare provvisoriamente la miscela immessa funzionando come una
pompa di ripresa (molti non lo sanno). Al termine della richiesta di
potenza, alzando il piede dal pedale dell'acceleratore, il processo
si inverte riportando le posizioni dei componenti al punto di
partenza.

Altra
considerazione, questo carburatore si adatta parzialmente alle
variazioni di pressione atmosferica. Infatti, con una pressione
atmosferica inferiore, l'aria stessa (meno densa), ha meno forza per
alzare il pistone, immettendo quindi una quantità di benzina
inferiore si riesce a compensare parzialmente la scarsità di
ossigeno, ottenendo una miglior miscela per queste condizioni.
Come
potete vedere, il sistema è piuttosto semplice ed efficiente; i
problemi cominciano quando il carburatore è mal regolato, da
revisionare, o nei casi (molti) di batterie a più carburatori,
quando questi non siano ben bilanciati tra loro o mal sincronizzati.
Questo però non è un difetto del componente, ma di chi provvede al
montaggio del pezzo ed alla sua regolazione.
Tratteremo
la registrazione dei carburatori SU durante la fase di restauro che
inizia dal prossimo post. Si, finalmente la Triumph TR2 è arrivata
in officina, adesso cominciano i giochi e la pratica vera e
propria...
Ciao
a tutti.

Nessun commento:
Posta un commento