venerdì 24 gennaio 2014

Restauro auto e moto d'epoca: la tecnica terzaparte l'alimentazione


L'alimentazione nei motori endotermici.



I motori di tutte le epoche, per poter funzionare, hanno avuto bisogno, e hanno tutt'ora necessita, di essere alimentati per mezzo di una miscela composta da un combustibile e da un comburente; il rapporto delle parti di uno e dell'altro di questi componenti (rapporto stechiometrico) determina la perfetta incendiabilità della miscela stessa.

Come spesso ed erroneamente accade, non è solo la benzina (combustibile) a produrre la detonazione che permette lo sviluppo della forza necessaria a spingere verso il basso il pistone. In tutte le trasformazioni termiche, un qualsiasi combustibile ha necessità di ossigeno (comburente) per sviluppare una fiamma e produrre calore. Un esempio per rendevi meglio l'idea, la stessa legna (combustibile) nel caminetto, senza aria (comburente), non produrrebbe nessun fuoco per scaldarci o cucinare.

Quindi per sintetizzare, un qualsiasi motore, per poter funzionare correttamente, ha bisogno di una miscela perfettamente bilanciata di benzina e di aria.

Perchè perfettamente bilanciata? Semplicemente per il motivo che una determinata quantità di benzina, mescolata nella giusta proporzione all'ossigeno, riuscendo a bruciare completamente e in modo veloce, produce una maggiore quantità di calore. Carburazione è il termine corretto per definire il bilanciamento dei due componenti.

Un'altra considerazione da tenere ben presente; non è la benzina liquida a produrre una fiamma, bensì il gas prodotto dall'evaporazione della stessa. E sono sempre i gas di benzina (molecole), che si combinano (miscelano) con l'ossigeno contenuto nell'aria creando, appunto, la miscela di cui abbiamo bisogno per il funzionamento dei nostri motori.



Per attuare tutte queste combinazioni, miscelazione, evaporazione, bilanciamento ecc. abbiamo necessità di un'apparecchiatura apposita.

Come per il resto della tecnica applicata alle autovetture, il sistema di alimentazione si è molto evoluto nel tempo per sopperire ai difetti dei precedenti apparati, per adeguarsi alle normative ecologiche sempre più restrittive, per abbattere gli eccessivi consumi di carburante.


Dai semplici carburatori delle prime applicazioni automobilistiche, si è passati per fasi successive, a carburatori sempre più complessi dotati di compensazioni ed arricchitori, alle iniezioni meccaniche, alle prime iniezioni elettroniche, fino alle attuali a controllo computerizzato.

Al contrario dei precedenti post, in questo andremo a ritroso; tratteremo per sommi capi prima le moderne iniezioni, per terminare con la descrizione dei carburatore, elemento questo molto più impiegato sulle nostre auto e moto d'epoca.





Oggi, tutti gli impianti di alimentazione e scarico, sono controllati e comandati da sistemi computerizzati, equipaggiati da sensori per il rilevamento dei dati, e da attuatori per effettuarne le correzioni necessarie. Sono sempre dotati di tanti iniettori carburante quanti sono i cilindri del motore, oltre che da un sistema di scarico provvisto di catalizzatore per il post trattamento dei gas combusti. Per finire, integrano all'interno dello stesso impianto, l'accensione e la relativa correzione dell'anticipo.

Per consentirne il corretto funzionamento, viene impiegata una notevole quantità di sensori che permettono di misurare e valutare in frazioni di secondo un'ampia gamma di parametri. Rilevano dati sulla quantità d'aria introdotta nell'impianto di alimentazione, della relativa pressione e temperatura. Sensori che verificano la presenza di carburante incombusto nel sistema di scarico. Altri che registrano in tempo reale il numero dei giri dell'albero motore e la posizione degli assi a camme, quelli che misurano la temperatura del liquido di raffreddamento e dell'olio lubrificante. Ancora, quelli che leggono il valore della pressione barometrica e della temperatura dell'ambiente che circonda la vettura, ecc.

Tutta questa infinità di dati (migliaia al secondo), viene inviata ad una centralina (un vero e proprio computer) che provvede a tradurli in dati digitali, campionarli, confrontarli con i dati residenti nella propria memoria, elaborarli. Successivamente la stessa centralina (controler module), si occupa di trasmettere i vari comandi di correzione agli attuatori elettromeccanici, permettendo di avere sempre, ed in tempo reale, la migliore regolazione per le esigenze del motore.

Per correzione, non si intende solo regolare, per esempio, il bilanciamento o carburazione della miscela se questa è troppo magra o al contrario ricca; ma anche eseguire tutte le azioni necessarie per il corretto funzionamento del propulsore. Lo stesso accelerarne il regime, è controllato e regolato dalla centralina motore; l'odierno pedale dell'acceleratore, non è altro che un sensore di posizione dello stesso, il dato letto dalla centralina in base alla nostra richiesta di prestazioni, è seguito dalla conseguente correzione della quantità d'aria immessa e dalla relativa portata di carburante necessaria.

Come dicevamo, ogni cilindro è provvisto del suo iniettore di carburante, questo, pilotato dalla centralina, nel momento idoneo quasi fosse in fase, provvede a spruzzare la giusta quantità di carburante necessaria al carico del motore, migliorando sensibilmente l'omogeneizzazione della miscela, e di conseguenza, aumentando le prestazioni e diminuendo il consumo.

Il sistema di scarico, prevede a valle del collettore, diversi componenti specifici che trasformano e misurano le componenti dei gas espulsi dal motore.

Un catalizzatore ceramico, preposto al trattamento e alla trasformazione dei gas combusti; questo elemento si occupa dell'abbattimento di buona parte delle componenti inquinanti prodotte dalla combustione della miscela aria benzina.

Una o più sonde (lambda) per il rilevamento della quantità di idrocarburi incombusti nei gas di scarico. Queste sonde/sensori, sono proprio quelle che determinano la lettura finale per la corretta o meno carburazione, in base al valore trasmesso, la centralina provvede alla regolazione istantanea della quantità di carburante miscelata con l'aria.



Anche se non proprio in argomento, l'accensione, essendone parte integrante, deve venire accennata contestualmente a questi impianti.

Spariti i distributori con relativo ruttore e sistema di anticipo meccanico, anche i moderni impianti di accensione vengono dotati di sensori e trasduttori di segnale. La onnipresente centralina motore (unica per alimentazione e accensione), invia alle bobine (ora una per cilindro), il necessario e corretto impulso in base al rilevamento di determinati parametri, eseguito anche in questo caso da una serie di sensori preposti. In pratica, il controler, sa “ad ogni giro del motore”, a che regime questo si trova, se ancora questo è in fase di accelerazione o rilascio, a che carico è sottoposto, dov'è il punto morto superiore del pistone, quale di questi è nella fase di compressione, se sono presenti autoaccensioni ecc. Come per la regolazione dell'alimentazione, una volta elaborati i dati, la centralina trasmette il segnale alla bobina corretta (attuatore), che provvede a trasformarlo in alta tensione producendo la scintilla che innesca la reazione (scoppio); naturalmente con l'anticipo più idoneo rispetto al punto morto superiore (PMS), determinando la migliore accensione della nostra miscela.


Provate solo ad immaginarvi quanti calcoli deve eseguire la centralina in un secondo...



Con l'avvento delle restrizioni ecologiche (anni 70 circa), la case costruttrici di automobili, si sono viste costrette ad abbandonare i precedenti impianti a carburatore in favore delle iniezioni elettroniche, e ad introdurre i catalizzatori di scarico.

La necessità di una regolazione molto più accurata, in tempo reale, e, che si adattasse alle variazioni a cui sono soggetti i motori durante il funzionamento (pressione atmosferica, carico ecc.), ha decretato la definitiva soppressione dei carburatori (componente esclusivamente meccanico, o quasi). Questi praticamente, una volta tarati e regolati manualmente, così restavano, non permettendo nessun adattamento durante il funzionamento del motore.

Al tempo dell'introduzione dell'iniezione elettronica, anche se già presenti impianti a più iniettori di carburante (multipoint, MPI) simili a quelli visti in precedenza e riservati a vetture con caratteristiche superiori (tendenzialmente più sportive), la maggior parte delle automobili in produzione era equipaggiata con apparati a singolo iniettore (SPI). Si trattava di un'apparecchiatura molto simile ad un grosso carburatore, che internamente presentava molte analogie, erano infatti presenti: una farfalla meccanica per la regolazione del flusso dell'aria comandata direttamente dal pedale dell'acceleratore tramite un cavo, di un tubo venturi (vedremo in seguito cos'è), e molto spesso, della regolazione manuale del regime al minimo. La differenza sostanziale, era la presenza di un unico grosso spruzzatore centrale (iniettore), che provvedeva a polverizzare la benzina, e ad immetterla nel collettore di aspirazione contemporaneamente all'aria.

Una centralina motore, molto più semplice di quelle odierne, provvedeva a pilotare l'unico iniettore variandne il tempo di apertura dello stesso per dosare la quantità di benzina immessa. Anche la presenza di sensori era limitata rispetto agli odierni impianti. Normalmente, l'implementazione di questi ultimi prevedeva la misurazione; del flusso d'aria aspirato e la relativa temperatura, della pressione atmosferica, della temperatura del motore, della posizione dell'albero motore e di pochi altri parametri. Una sola sonda (lambda) allo scarico, era preposta alla misurazione della quantità di idrocarburi incombusti.

Iniziavano però le regolazioni e gli adattamenti della carburazione durante il funzionamento del motore, cosa che prima d'ora era assente o molto limitata.

Contestualmente, si iniziò ad integrare l'accensione, spesso ibrida; la centralina verificato il PMS, provvedeva ad inviare l'impulso opportunamente anticipato ad una bobina esterna. L'alta tensione prodotta, era successivamente smistata dal complesso rotore e calotta, con il solo compito di distribuirla correttamente alle candele.


Un accenno è dovuto per gli impianti ad iniezione meccanica, precedenti all'introduzione di quelli a comando elettronico.

L'adozione di vari sistemi per “spruzzare” (iniettare) carburante nei condotti di aspirazione, al posto dei carburatori, era dovuta alla necessità di migliorare la polverizzazione (evaporazione, per usare un termine più comprensibile, anche se non molto appropriato) della benzina, permettendone una miscelazione o omogeneizzazione migliore con l'aria comburente. In definitiva, un modo per ottenere una più performante combustione della miscela.

La costante in tutti i vari sistemi, era la presenza di un iniettore (meccanico) per ogni cilindro. L'apertura di quest'ultimo, era determinata dalla variazione di pressione (in aumento) introdotta dalla pompa nel tubo di raccordo, che permetteva di vincere la forza di una molla applicata allo spillo conico dell'iniettore.

La regolazione (meccanica) dell'aria in entrata, era affidata da una farfalla mobile o da una serie di ghigliottine, che parzializzavano la superficie del condotto/i di aspirazione.

Le differenze sostanziali nei vari impianti, era data dalla pompa (meccanica) che provvedeva ad inviare la benzina nei tubi.

Tra i più comuni, gli apparati a più pompanti multipli e indipendenti (tipo Bosch); prevedevano un pistoncino per ogni iniettore, o per più iniettori simultaneamente. Comandati da una camme (molto simile come concetto a quella che muove le valvole), questi “stantuffi”, muovendosi in verticale, provvedevano a comprimere la benzina che arrivava agli iniettori; allo stesso tempo, effettuavano anche il dosaggio del carburante iniettato, parzializzandone la quantità, tramite il movimento rotatorio sul proprio asse verticale.

Un altro sistema, di produzione anglosassone (Lucas), non prevedeva una vera propria pompa di iniezione, ma più precisamente di un “distributore” rotante di carburante.

La pressione della benzina nell'impianto, era affidata ad una pompa elettrica esterna; la regolazione della stessa pressione, ad una valvola meccanica (una molla regolabile). Quindi niente pompanti che dovevano muoversi verticalmente e su se stessi, niente camme e molle di ritorno, quindi, nessun assorbimento di potenza per il funzionamento della pompa, e minor numero di componenti.

Il distributore, proprio come uno spinterogeno, con i tubi al posto dei fili per le candele, provvedeva ad inviare all'iniettore corretto il carburante già in pressione; si occupava però di regolarne la quantità iniettata, modificandone il tempo di flusso.

Direte... non sembra un buon sistema nel complesso! Sbagliato, è stato adottato, con ottimi risultati, anche nei motori Cosword di F1 fino agli anni 70; sostituito solo con l'avvento dell'elettronica.





Ancora una volta, devo rimandare la descrizione dei carburatori ad un post successivo; questo, come i precedenti post, nonostante gli argomenti siano stati trattati molto parzialmente, rischia di diventare eccessivamente lungo. Abbiate pazienza!





E, come sempre, vista la notevole varietà di impianti e sistemi in circolazione, oltre alle modifiche che si sono susseguite nel tempo, per chi lo ritiene opportuno, consiglio di approfondire gli argomenti trattati tramite la rete o con un libro specifico. Sono comunque sempre a vostra disposizione per eventuali chiarimenti o quesiti che vorrete sottopormi.





Un saluto a tutti.

2 commenti:

  1. A quando i carburatori e il restauro?

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  2. presto, questa settimana carburatori, la prossima cominciamo il restauro della Triumph TR2

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